Antologia Critica
Quando un artista riflette sul mondo apparente, come per istinto vuole leggere nell’invisibile che germina nell’abitacolo del suo cervello cogitante, chiarezza di interpretazione da rilevare tramite la propria arte.
Benito Monti vive e opera in perfetta coscienza, con genuina semplicità ed entusiasmo, impegnandosi nella ricerca impossibile…
Profondamente umano, aggirandosi fra i pendii, i laghi e i monti delle Prealpi varesine, riesce a traslare sulle tele quei motivi pittorici che più colpiscono la sua fantasia romantica e contemplante che lo affascina e lo commuove.
Rigetta l’apparente illusoria dei fenomeni reali perché guidato dallo spirito, trattando l’arte come fatto ontologico, inquadrandola nel filone della cultura classica di tradizione medievale di armonia morale metafisica, convinto che tutto ciò ch’é materiale non potrà superare lo spirituale, anche perché il di lui sguardo “onniabbracciante” seleziona l’essenza del bello, anche coloristico, che le insorgenze della natura gli offrono.
La sua pittura nasce da genuine convinzioni di amore e di volontà caparbia, viva di gusti popolari, mentre il suo stato libero dell’anima appare un esame introspettivo che ricerca e rivela le sue emozioni.
I suoi paesaggi evidenziano un’impronta ben distinta da una coloristica sfumata ed armoniosa, presentataci in un verde e fatiscente palcoscenico della natura, nel quale il Monti é protagonista e attore.
Diceva Simonide: “La pittura é una muta poesia e la poesia una pittura parlata”, ma tutto fa parte dell’attività della mente e del talento.
Biagio Pantaleo, 1976
Abbiamo accennato ad un’evoluzione della tecnica e dello stile. Infatti, pur muovendo da un presupposto costante -la scoperta di un messaggio sempre presente nella natura, che é motivo di attrazione e di elevazione -la pittura d1 Monti si é mossa recentemente verso altre forme espressive. L’ispirazione più consueta gli é data, come per il passato, da scorci di natura e di paesaggi del Varesotto, dai quali attinge una serenità profondamente sentita e interiore, che si traduce in tonalità molto equilibrate, con accostamenti di colori caldi e di elegante effetto.
I laghetti del Brinzio, cascinali poco noti che tuttavia caratterizzano la campagna varesina, prospettive di strade e di monumenti cittadini ritornano sulle tele di Monti, valorizzati da una tecnica che si raffina costantemente, per rivelare all’osservatore la verità implicita della sublime bellezza della natura. La sensibilità attenta ad ogni espressione di vita, amata e ricercata con sofferta partecipazione, nei suoi valori fondamentali, distingue anche le composizioni di nature morte, comprese le più recenti.
Esse appaiono pervase da un sentimento di compostezza, di consapevolezza della validità di ogni forma, espressione particolare della realtà tutta, interpretata come armonica compresenza di motivi diversi, ciascuno con una propria collo-cazione necessaria ed insostituibile.
In definitiva la pittura di Monti é una meditazione che, attraverso le contraddizioni del vivere, raggiunge una superiore dimensione nella quale i contrasti si placano e la realtà ritrova la sua unità e la sua pace, nel segno della bellezza.
Gianni Perna, 1976
Una bella pittura non é solo il frutto di un vedere, trasfigurando la realtà. Essa é anche una tappa del cammino di ascolto e di dialogo di un uomo. Uno scorcio del parco di Villa Cagnola con i suoi alberi pressoché unici ancora spogli di quell’eccessivo verde che impedisce di elevarsi al cielo, può essere sempre uguale allo sguardo ma nello stesso tempo può essere diverso, al ritorno di ogni primavera.
Da questa diversità di sguardo appare sollecitata l’esperienza artistica del pittore varesino. Pur senza cambiare i connotati della sua personalità e delle sua native doti di intuizione e di espressione, non é difficile intravvedere, a chi lo segue da vicino, istanze e motivi di dialogo con il cammino di un’amore che cresce. Non é solo l’amore per la natura e le bellezze del territorio Varesino, ma è anche l’amore per la sua gente, le sue tradizioni, le sue certezze e anche speranze. TI dialogo con la realtà ispirato da un’amore che cresce ha anche una sua valenza religiosa. “Aggirandosi fra i pendii, i laghi e i monti delle Prealpi varesine riesce a traslare sulle tele quei motivi che più colpiscono la sua fantasia romantica e contemplante che già lo affascina e lo commuove… ” (Biagio Pantaleo). Non solo. Sa anche scorgere quelle “tracce dell’eterno” che guidano i passi e il cammino dell’uomo, dunque anche di un pittore.
Figlio di questa terra – come ama lui stesso definirsi – particolarmente legato al Sacro Monte, ha recentemente fatto dono al Card. Martini della serie completa delle Cappelle, destinandola alla nuova Casa di Spiritualità di Triuggio. C’é da credere che l’amico Monti riuscirà ad andare ancora più lontano in questo suo cammino.
Adriano Caprioli, 1977
Sono tanti, tanti anni che conosco Benito Monti come pittore e come uomo; devo constatare i suoi continui progressi nel campo della pittura.
Ciò che fa leva su di lui, è l’entusiasmo che conserva nell’operare sempre di fronte alla natura.
Spesso ricerca il paesaggio faticosamente, peregrinando da un posto all’altro spinto dall’amore per il vero, con quel trasporto interiore che si prefigge l’incontro ideale tra il proprio io e la natura.
Solo così appagato, si mette all’opera con una scelta di toni fini quasi da chiarista in piena luce.
Produrre la propria identità nello specchio della natura è molto importante e significa che l’entusiasmo è vero e genuino; così si arriva alla professionalità.
Durante gli anni, ho visto molti artisti partire con lo stesso trasporto e fallire. Perchè?
Il loro entusiasmo era composto da altri elementi; orgoglio di emergere, distinguersi a ogni costo, rubare idee altrui per arrivismo senza aprire il cuore a fronte della natura con i propri difetti e le proprie virtù.
Di questo è capace Benito Monti, e non è poco; lui lo fa con quella semplicità preclusa a tanti addetti al mestiere, fortificato da quella fede di uomo che lo porterà a mantenere e migliorare questa sua importante distinzione.
Leo Spaventa Filippi, 1980
La luce e la cromia mediano il contatto c6n la realtà e invadono le cose sino a conferire loro densità plastica e poetica, corpo e spessore, sino ad irrobustirne, e allo stesso tempo a smagliarne, il peso e i contorni nell’atmosfera, sino ad amalgamare la resa dei sentimenti e la liricità dei “passaggi”. E’ una scelta tecnica e dialettica che consente a Benito Monti di serbare intatta la poesia di fondo e farne il dolce cantore delle campiture e il sensibile dicitore di cadenze timbriche.
Elio Bertozzi, 1981
Benito Monti è un varesino che opera “sul campo” da molti anni, sempre facendosi apprezzare per la sua onestà intellet-tuale e per quella capacità di osservare pendii, laghi e monti delle Prealpi trasferendoli sulla tela con impeto, come già osservava Biagio Pantaleo, romantico e commovente. Ed è proprio la commozione l’elemento che più cattura i tanti, tantissimi estimatori di Benito Monti.
Il pittore non si stacca dall’etica dell’uomo. E così come vive la vita con coinvolgente freschezza e solidarietà verso gli altri, Monti nei suoi quadri parla un linguaggio comprensibile a tutti, un linguaggio di bontà, un linguaggio che scende direttamente al cuore e non può che fare del bene. «L’ispirazione – ha già sottolineato e in questa occasione va ripreso Giovanni Perna – gli è data da scorci di natura e paesaggi del Varesotto, dai quali egli attinge una serenità profondamente sentita, interiore».
Sullo sfondo del sentiero, inquadrato tra alberi sempreverdi e tronchi spogli, si erge solitario un monte innevato. Lo sguardo è portato ad elevarsi sopra la nebbiolina e guardare verso l’alto, verso l’eternità delle nevi. È questa la lezione di Monti: guardare in alto, sempre in alto, verso il Bello.
Giancarlo Angeleri, 1990
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